La patata di Tresché Conca: una produzione che provoca alcuni disagi

Gli smottamenti in seguito alle piogge

Da qualche anno a questa parte alcuni agricoltori di Tresché Conca hanno avviato la produzione della patata locale, che si pone in alternativa ed anche un po’ in concorrenza rispetto a quella più conosciuta di Rotzo.

Si tratta di un prodotto che amplia l’offerta delle eccellenze locali dell’altopiano e che mantiene viva la meravigliosa tradizionale vocazione degli abitanti del territorio, da sempre a contatto con la natura come agricoltori o allevatori di bestiame.

C’è però qualcuno a cui questa nuova produzione crea problemi: si tratta degli abitanti della Conca bassa, che denunciano una situazione di forte disagio a causa del posizionamento a monte dei campi coltivati rispetto alle case. Ogni volta che una pioggia battente scende dal cielo, il terreno delle coltivazioni, smosso di frequente dagli agricoltori, si riversa sulla strada comunale e oltre, provocando un fiume di fango che si accumula nei garage e negli appartamenti poco più a valle.

A nulla sono valse le lamentele rivolte agli agricoltori così come le puntuali segnalazioni indirizzate al Comune dai residenti della zona, esasperati dalla situazione e dalla sensazione di non essere tutelati in alcun modo. I sopralluoghi ai quali pare abbiano partecipato la Polizia locale e il sindaco Magnabosco sembrano non aver prodotto risultati risolutivi della questione dal momento che, come spiegato dagli stessi, l’apparato pubblico raramente può intervenire nelle faccende private.

I residenti, costretti a ripulire dal fango le proprie case dopo la pioggia – alcuni contano già 11 episodi tra il 2020 e il 2021 – chiedono perciò di essere tutelati, “con questo senza togliere il pane dalla tavola a nessuno“, dicono e propongono che il Comune emani un’ordinanza con la quale si vieta di coltivare a monte.

Nelle scorse settimane però l’esasperazione ha portato qualcuno ad entrare con un mezzo motorizzato in alcuni campi, distruggendo la coltivazione. Viene da chiedersi: siamo davvero entrati nell’era della giustizia privata?

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