Buon compleanno Erasmus! 35 anni di uno dei più audaci sogni dell’Europa Unita

Trentacinque sono gli anni che compie quest’anno uno degli imprevisti e forse più audaci sogni dell’Europa Unita: il programma Erasmus, quello che ha permesso a 10 milioni di giovani cittadine europee e cittadini europei di compiere un semestre universitario o due fuori dal proprio Paese per scoprire quanto sia vero il sempiterno detto “è un mond…”, pardon: “è un’Europa piccola”!.

Ah, no? Non si dice così? Eppure è proprio ciò che sembra: Erasmus vuol dire accorciare le distanze e spezzare i confini, o meglio: ampliarli, fino a farli idealmente coincidere con l’Unione Europea stessa. Perché come non pensare ad Erasmus quale uno dei simboli dell’ “idea di Europa” -se questa espressione è concessa-, e quindi come uno dei tantissimi elementi attrattivi per altri Stati oggi non membri della Comunità?! Allusioni a situazioni internazionali di crisi ora in pieno svolgimento non sono casuali.

Erasmus è a tal punto divenuto uno dei simboli dell’Unione Europea, cioè del lungo processo di integrazione europea che dal 1 luglio di quest’anno tutti i 19 Paesi dell’Area Euro (gli Stati che adottano l’Euro come moneta) emetteranno una speciale edizione della moneta da 2 euro con le effige di Erasmo da Rotterdam, disegnata dal medaglista e pittore francese Joaquin Jimenez della Monnaie de Paris (cioè la Zecca di Stato della Francia, più antica istituzione francese ancora in attività, lo è dal 864 d.C.). Non poteva che essere una sua immagine, quelle dell’umanista e filosofo Erasmo da Rotterdam, simbolo dell’ispirazione intellettuale del programma di interscambio universitario, quelle ivi raffigurate. Il disegno ha vinto il concorso indetto lo scorso anno dalla Commissione Europea,  ottenendo più di 22mila preferenze su oltre 72mila voti, pari al 30% delle preferenze totalmente espresse per tutti i 30 progetti presentati.

Per chi lo avesse scordato, oltre che autore de “L’elogio della follia”, Erasmo (nato in Olanda nel 1466) fu viaggiatore instancabile, percorrendo le principali rotte tra le città europee del suo tempo, mosso dal desiderio di conoscere e studiare le tante e differenti culture che animavano il continente, allora diviso in tantissimi regni, ducati, principati e ogni altra sorta di governo locale. L’intreccio di connessione che attraversano il disegno che sarà inciso sulla moneta è infatti la rappresentazione simbolica degli scambi umani e intellettuali tra studenti, che proprio con le università del tempo di Erasmo -ed anche ben prima- cominciarono e tutt’oggi continuano e anzi incrementano.

Erasmus+ e l’euro sono due dei simboli più tangibili dell’unità europea, quindi è molto appropriato celebrare il successo del programma con questa speciale moneta”, ha così commentato il Commissario Europeo per l’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni.A proposito di Erasmo ed Erasmus: è chiara la motivazione che ha ispirato la scelta del nome del programma, ma forse non tutti sanno che Erasmus è anche l’acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Davvero una scelta geniale quella del nome Erasmus.

Ma torniamo al punto: è dal 1987 che gli Stati Europei hanno deciso di dare vita a quello che all’inizio è solamente -e come meglio lo conosciamo- uno scambio di studenti per un piccolo pezzo, un semestre o due, del proprio percorso universitario. “Tutti i partecipanti lo descrivono come un’esperienza che cambia la vita, che ha segnato il loro percorso personale e professionale e ha lasciato ricordi indelebili di cosa significa vivere nell’Unione europea”, ha dichiarato Mariya Gabriel, Commissaria Europea per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Istruzione e i Giovani, ed ha poi aggiunto: “Vogliamo dare a un numero maggiore di persone l’opportunità di partecipare e di beneficiare delle possibilità offerte da Erasmus+. Nel 2022 celebreremo anche l’Anno europeo dei giovani ed Erasmus+ avrà un ruolo centrale in tale contesto.

A fronte di una dotazione totale di 26,2 miliardi di €, integrati da circa 2,2 miliardi di € provenienti dagli strumenti esterni dell’UE, per il settennato di programmazione europea 2021-2027, per questo 2022 saranno 3,9 i miliardi di € impiegati. Tanti? Pochi? Per esempio nel settennato 2007-2013 l’UE aveva stanziato complessivamente 3 miliardi di €, per dire, e nel 2012 cadeva il venticinquennale del progetto. Nel settennato 2014-2020 la dotazione ammontava a 14,7 miliardi di €. Questi dati giusto per fare un confronto e capire quanto questo progetto sia divenuto nel corso degli anni e sia oggi a ben vedere uno dei fulcri dell’azione per la formazione dei giovani secondo l’orizzonte politico e sociale dell’UE.

Reperibili direttamente dal sito di Erasmus+ (il nome attuale del programma, consultabile a www.erasmusplus.it) sono anche appunto le principali novità introdotte con l’Invito Erasmus+ 2022, accennate dalla Commissaria Europea, inquadrabili in 5 aree.

Progetti lungimiranti: nuovi progetti su vasta scala sosterranno un’istruzione digitale inclusiva e di elevata qualità e l’adeguamento dei sistemi di istruzione e formazione alla transizione verde. Questi progetti potranno contare su un bilancio cospicuo e avranno una durata di almeno 3 anni; mirano a coinvolgere una combinazione di organizzazioni pubbliche e private. L’obiettivo generale è di ottenere risultati innovativi in grado di incidere sull’istruzione a livello europeo.

Più scambi con i paesi terzi: grazie ai finanziamenti provenienti dagli strumenti esterni dell’UE, i paesi terzi avranno la possibilità di partecipare a progetti e scambi mirati, in particolare nei settori dell’istruzione e formazione professionale e dello sport.

Iniziativa DiscoverEU più inclusiva: DiscoverEU offre ai diciottenni la possibilità di viaggiare in Europa. Ogni anno si svolgono 2 tornate di candidature per la distribuzione di pass di viaggio gratuiti. A partire dal 2022 saranno dedicate tornate specifiche alle organizzazioni per facilitare la partecipazione a DiscoverEU di ancora più giovani con minori opportunità, i quali beneficeranno di sostegno e finanziamenti più mirati.

Avvicinare l’UE alle scuole: la conoscenza degli obiettivi e del funzionamento dell’Unione europea è una parte importante della promozione della cittadinanza attiva e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione. Le azioni Jean Monnet, intese a promuovere la formazione sull’UE, saranno attuate per le scuole e agli alunni di tutte le età, nell’istruzione sia generale che professionale, con varie attività, comprese visite di studio.

Finanziamento dei progetti di cooperazione semplificato: Erasmus+ introduce la possibilità per i beneficiari in partenariati di cooperazione di chiedere un importo forfettario per l’attuazione dei loro progetti. In tal modo si riduce notevolmente l’onere amministrativo associato alla presentazione della domanda, alla gestione del progetto e ai compiti di rendicontazione.

Tante proposte, ampliando il raggio di azione oltre quello strettamente didattico ed universitario, perché “anche agli apprendisti devono essere offerte le stesse opportunità di fare un’esperienza europea, soprattutto in considerazione della disponibilità di finanziamenti. La Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, mira a facilitare la mobilità dei giovani apprendisti, che potranno così sviluppare nuove competenze“, ha dichiarato il Commissario Europeo per il Lavoro e i Diritti Sociali Nicolas Schmit.

In occasione dei 25 anni del progetto Erasmus, l’allora Ministro dell’Università Francesco Profumo, già Rettore del Politecnico di Torino, evidenzio un ulteriore beneficio raccolto lungo i decenni, oltre i confini immaginati inizialmente: “Se è vero che studiare all’estero, lontano dalle proprie famiglie e da sicurezze cementate nel tempo, rappresenta una sfida e insieme una prova di maturità per gli studenti, è anche vero che si tratta di un’opportunità di crescita e miglioramento per le nostre istituzioni universitarie. Dover insegnare a studenti stranieri e offrire lezioni e servizi accessibili a chi proviene da un’altra cultura e parla una lingua diversa, hanno rappresentato il motore che ha spinto sempre di più i nostri atenei verso l’internazionalizzazione dell’offerta didattica.” Erasmus è stato ed è quindi anche fonte di stimolo per le Università a rinnovarsi e a intercettare le richieste del tempo che mutano ed evolvono continuamente.

Merita recuperare almeno alcuni dei dati raccolti dal rapporto su Erasmus+ svolto dall’Agenzia nazionale INDIRE (consultabile al link https://www.erasmusplus.it/wp-content/uploads/2021/09/Indagine-Erasmus-mobilita-in-entrata.pdf ).

E pensare che tutto era nato, il 15 giugno 1987, da 4mila atenei europei e 3mila studenti pionieri.
Nel 2012, anno del venticinquennale, si è toccata quota 3milioni di studenti che vi avevano partecipato dal 1987, registrando l’Italia 22mila studenti partecipanti nell’anno accademico 2010/2011, composta al 60% da donne.
A partire dal 2016/2017 nell’ambito della mobilità per studio il nostro Paese è al quarto posto nella classifica europea delle destinazione Erasmus, avanzando di una posizione. Complessivamente negli ultimi 17 anni (2002/2003-2018/2019) l’Italia ha ospitato 324.232 studenti, dei quali 124.377 sotto Erasmus+. La valutazione finale del periodo di studio è estremamente positiva dal momento che il 93,2% degli studenti ha dichiarato di essere soddisfatto o molto soddisfatto dell’esperienza in Italia.

Considerati gli ultimi dati disponibili diciamo esenti dalla vicenda Covid (che giocoforza ha assai influito sul programma), nell’anno accademico 2018/2019 sono stati più di 40mila, tra studenti e tirocinanti, gli italiani aderenti ad Erasmus+, mentre a venire in Italia per formarsi nello stesso anno accademico sono stati più di 28mila. Prima della pandemia tutti i numeri di Erasmus+ erano in progressiva crescita in tutti i Paesi dell’Unione Europea.

Se guardiamo ai Paesi di origine degli studenti che vengono in Italia, il podio è costituito da Spagna (con più di 9mila studenti), Francia (quasi 3,5mila) Germania (quasi 3mila). Forse ci sorprenderà scoprire il quarto posto: Polonia, con quasi 1,8mila studenti.
Perfettamente speculari i numeri e quindi il podio relativi alle mete scelte dagli studenti italiani: più di 11mila in Spagna, 4,4mila in Francia e 4,3mila in Germania, per un totale di 47mila gli italiani partiti ad inizio anno accademico 2019/2020 (ignari di cosa sarebbe accaduto a marzo 2020).
A partecipare al programma sono arrivati ad essere ogni anno 262 istituti italiani di istruzione superiore.
La sfida è vedere quando si torneranno a registrare questi significativi numeri.

Quale è l’identikit dello studente in partenza con Erasmus? E’ più spesso donna (nel 60%) dei casi, ha 23 anni in media (25 se tirocinante), e resta nel paese ospitante per 6 mesi cioè 1 semestre universitario (3 anni e mezzo se tirocinante). Dal 1987 ad oggi sono stati quasi 570mila – più di mezzo milione!- gli studenti italiani che hanno provato l’esperienza di studio e scambio Erasmus.

Da dove parte lo studente italiano? La maggior parte degli studenti italiani è iscritta all’Alma Mater Studiorum di Bologna, cui seguono l’Università di Padova, la Sapienza di Roma, l’Università di Torino, poi quella di Milano, la Federico II di Napoli, quella di Firenze, il Politecnico di Milano, l’Università di Palermo e al decimo posto la Ca’ Foscari di Venezia.

Peraltro, sia in entrata sia in uscita c’è la possibilità di scambi con paesi extra-ue: la Turchia figura al sesto posto come paese di provenienza di 1,3mila studenti Erasmus in Italia, per il verso opposto, sono emersi anche alcuni sparuti studenti italiani trovatisi in Ucraina nel corso del proprio percorso Erasmus proprio ora che ivi si sta svolgendo la guerra.

Dal 1987 il Programma in Italia ha dato la possibilità a quasi 570.000 studenti di usufruire di una borsa Erasmus per un’esperienza di studio o di tirocinio all’estero, in particolare tra il 2014/2015 e il 2019/20201 ha finanziato 223.789 borse, ovvero il 39% della mobilità trentennale italiana.
Eppure, ecco, lo si deve dire: è proprio il finanziamento ossia i costi che gli studenti debbono sostenere stando all’estero per 6 mesi, il principale elemento ostativo alla scelta di aderire ad Erasmus+. Si può dire, purtroppo ma onestamente, che “non è un progetto per tutti”.

Allo studente italiano sono riconosciuti fino a 300€ al mese se si reca in Danimarca, Finlandia, Irlanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia, Regno Unito, Islanda, Lussemburgo mentre se si sceglie un altro dei Paesi restante il sostegno cala a 250€ al mese. Tutto ciò non è ovviamente anticipato, ma diviso in tre rate: la prima 45 giorni dalla partenza, la seconda di fatto a metà permanenza, la terza dopo il rientro, completate tutte le pratiche, attorno 30 giorni dopo la conclusione del percorso, quindi di fatto è lo studente (o la sua famiglia) a dover anticipare tutto.
Possiamo quindi ben dire che la borsa di studio non basta di certo, spesso nemmeno per coprire interamente le spese dell’alloggio, anche per i più abili o adattabili nel trovarne uno. Ed è perciò chiaro che i restanti fondi necessari anche solo a mantenersi sono o frutto del genio dello studente o dei risparmi (ed investimenti, certamente) della famiglia d’origine.
Certamente non sono spese sostenibili da qualsiasi studente né da qualsiasi famiglia, va evidenziato e portato sotto i riflettori, anche con l’auspicio i fondi non solo aumentino nei numeri di studenti ma anche nell’importo delle borse di studio.

Quanto ai requisiti, certamente è necessario essere iscritti all’università avendo completato il primo anno del corso di studio e avendone pagato la retta, mentre nulla di complicato richiede la compilazione degli appositi moduli, esistendo ormai in ogni ateneo un apposito sportello o servizio dedicato proprio ai percorsi Erasmus.

Da ultimo, una curiosità tutta italiana: a suggerire l’idea dell’Erasmus è stata una donna italiana: Sofia Corradi, la “Signora” o “Mamma Erasmus”. Sono, come sempre, due i punti di vista per comprendere la scintilla della sua idea. Sofia nel 1957 vinse una borsa di studio Fulbright per andare a studiare alla Columbia University. “Dove scusa?!” è la domanda che più si sentì fare ancora per qualche anno. Ma la rabbia vera le venne quando al rientro in Italia non le si voleva proprio riconoscere gli esami conseguiti in USA.
L’altra metà della storia è più romantica per così dire. L’anno prima del suo percorso di studi a New York, Sofia incontrò Bill ad una festa organizzata dalla di lei scuola di inglese a Roma. Bill, divenuto il boyfriend di Sofia, era arrivato a Roma grazie appunto alla borsa di studio Fulbright, il sistema di scambi universitari con gli Alleati, finanziato dalla vendita dei residuati bellici disseminati in giro per l’Europa. Fu proprio Bill a consigliare a Sofia di fare a sua volta domanda per andare in USA: ci provò, le andò bene e…beh, andò bene a tutti noi che ora conosciamo il progetto Erasmus+ e ne celebriamo i 35 anni di attività!

Sofia Corradi stilò un memorandum nel 1969, che venne adottato e ripetutamente sostenuto dai vari Ministri dell’Istruzione che si succedettero nel corso degli anni, sino ad arrivare alla Risoluzione della Comunità Economica Europea del 9 febbraio 1976 che sancì il grado di principio europeo, e così venne istituito il progetto sperimentale “Joint Study Program”, ribattezzato Erasmus e reso ordinario a partire appunto dal 1987.

È Sofia Corradi a ricordare ciò che ci poneva sotto gli occhi Umberto Eco, con taglio sia culturale sia sociale e, sia concesso, europeista: «grazie ai programmi di scambio culturale, un giovane catalano va a studiare in belgio, conosce una ragazza fiamminga, se ne innamora, la sposa, ci fa dei figli e mette su una famiglia europea. Queste coppie sono ormai 1 milione».

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