Europa: perchè si festeggia il 9 maggio

C’è qualcosa che lega indissolubilmente il 9 maggio 1950 al 9 maggio 1978 e ancora il 9 maggio di oggi e parrebbe potersi dire il 9 maggio anche degli anni a venire. E’ il progressivo processo di unificazione dell’Europa.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso del suo recente discorso (27 aprile scorso) all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa lo ha espresso così: “Helsinki, e non Yalta”, tracciando un ulteriore solco nel segno della via indicata dal suo mentore, Aldo Moro.
E le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, di fronte al Parlamento Europeo, pochi giorni dopo (3 maggio scorso), sono state del tutto coerenti con quelle del Capo dello Stato, nonché a loro volta nel segno dell’incalzare ove il primo punto fu posto da Robert Schuman nel suo Discorso del 9 maggio 1950.

Per quello strano svolgersi della storia, del tutto imprevedibile e non privo di corsi e ricorsi, era proprio un 9 maggio -del 1978- il giorno in cui le Brigate Rosse uccisero e fecero ritrovare in via Caetani a Roma il corpo di Aldo Moro, figura politica del più alto livello non solo italiano ma internazionale.
Uno dei corsi e ricorsi perché se è vero che oggi quando si dice 9 maggio si pensa immediatamente anche ad Aldo Moro, non è altrettanto immediato collegare la sua figura all’impegno verso una Europa finalmente unita.

Aldo Moro, nel 1978 senza incarichi di governo ma Presidente della Democrazia Cristiana e in predicato di divenire Presidente della Repubblica Italiana allo scadere del mandato di Giovanni Leone, cioè pochi mesi prima del suo rapimento il 16 marzo 1978, non fu infatti attore primario solamente dello scenario politico italiano, ma seppe anche perorare la causa europeista come ben pochi altri nel suo tempo.
Perché nel suo tempo, non va dimenticato, il Regno Unito riottosamente era entrato e diceva di voler permanere nella Comunità Europea (Margaret Thatcher declamava lo slogan “we want our money back!”).
Nel suo tempo aveva dovuto affrontare il Segretario di Stato USA Henry Kissinger, che dell’equilibrio di potenze, della realpolitik, della cristallizzazione dei due blocchi, ove l’Europa era dotata di autonomia politica interna ma non certo internazionale, era il teorico massimo e primo persecutore ad ogni costo.
Nel suo tempo in cui una apertura al pensiero non atlantista ma nel senso di una Europa Unita anche perché indipendente dalle due superpotenze era o naive o atto di lesa maestà.

Oggi ha quindi ben fondamento “unire i puntini” collegando nomi e date, fatti ed azioni, che ci possono aiutare, leggendo nel passato i solchi scavati, ad intravedere in anticipo gli indirizzi da seguire per il futuro.

Quindi cosa vuol dire “Helsinki, e non Yalta”?! Conosciamo certamente i nomi delle due città, che in questo caso sono evocative da sole di concetti assai più ampi e portatori di orizzonti geopolitici decennali.

Yalta, beh, non è divenuta famosa per le sue spiagge (che risultano comunque gradevoli, tanto per saperlo), ma per i patti e la Conferenza che ivi si tenne tra il 4 e l’11 febbraio 1945, allorquando si decise di costruire una nuova Europa, divisa per zone di influenza tra i Paesi poi vincitori della Seconda Guerra Mondiale: possiamo ben ritenerla de facto il primo passo verso la Guerra Fredda. Yalta disegnò un’Europa spartita, fatta a fette e fettine (Berlino divisa in due -quattro- entro una Germania divisa in due -quattro-), che già allora, seppur forse non del tutto consapevolmente, pose le basi di quello scontro freddo, di quella “cortina di ferro” che calò sull’Europa proprio lungo il confine tra il “blocco sovietico” e quello di influenza statunitense. L’Europa venne divisa tra le due superpotenze, perdendo l’egemonia che fino ad allora aveva da sempre avuto.

Helsinki. Beh, Helsinki è invece nota, anche più di Yalta, ma non per quanto intendeva Mattarella.
Tra il 1975 e il 1976 Helsinki fu la sede e il punto di riferimento di un percorso lungo, detto “Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa”, che aveva in mente e tracciò un percorso di unificazione europea del tutto diverso appunto da quanto uscito da Yalta.
Allora a guidare quello che oggi è la Commissione Europea c’era Aldo Moro, in quel momento (1969-1976) Ministro degli Esteri italiano ed immediatamente dopo ancora Presidente del Consiglio. Dalla Conferenza di Helsinki nacque l’idea di “Europa Unita” per cui in tante e tanti si erano già battuti e che lì trovo un ulteriore punto di affermazione. E se quel momento è ancora oggi così cruciale al punto da assurgere a riferimento che dovremmo porre sullo stesso piano sebbene in antitesi con Yalta è anche dovuto al fatto che a firmare l’Atto Finale di Helsinki fu Aldo Moro non solo nelle vesti di Ministro degli Esteri italiano, ma anche in quelle di Presidente di turno della Comunità Europea: è il caso della “doppia firma”, che non è solo aneddoto storico ma è la prima volta che l’ “Europa Unita” in una qualche veste firma un atto e da ciò trae fondamento la propria esistenza geopolitica. Un passo cruciale, voluto da Moro.

Ecco quindi che dire “l’Europa di Helsinki e non quella di Yalta” ha un valore chiaro e forte: per una Europa Unita, idealmente “quarto polo” negli assetti geopolitici mondiali, e non invece una Europa in un certo senso e modo “spartita” dalle due superpotenze, di allora come oggi (USA e URSS allora, oggi Federazione Russa), nonché dalla allora in crescita ed oggi terza superpotenza affermata Repubblica Popolare Cinese.

Questa “Europa di Helsinki” trae fondamento ideale dalla Dichiarazione Schuman, svolta il 9 maggio 1950 da Robert Schuman, allora Ministro degli Esteri francese: è il primo documento ove compare il concetto di Europa come unione economica, innanzi tutto e poi, in prospettiva, politica.
Uno dei passi cruciali è certamente il seguente:
A suggellare il valore politico della Dichiarazione Schuman fu il Consiglio europeo, riunito al vertice di Milano del 1985, che proclamò per il 9 maggio la celebrazione del giorno europeo, detta anche “Festa dell’Europa”.

Dopo la risposta energica e poderosa (piano raccolta vaccini per gli Stati membri dell’Unione Europea, prima, e poi più di 200 miliardi di euro per la sola Italia dentro il “Next Generation EU” da noi tradotto nel PNRR) se proprio non si vuole dire -ma parrebbero esserci gli elementi sufficienti- “Viva l’Europa Unita!”, almeno si possono sapere le origini storiche e politiche di questa Festa.

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