Alessandro Bocchia, un angelo altopianese in Romagna: l’intervista esclusiva

È un degli angeli in divisa dell’alluvione di questi giorni in Emilia Romagna. Di solito lo si può trovare impegnato a spegnere incendi nei boschi dell’altopiano, ma martedì ha salutato moglie e figli ed è partito alla volta di Faenza, dove migliaia di persone avevano bisogno di aiuto, con i moduli della colonna mobile regionale Veneto e Trentino Alto Adige della direzione interregionale dei vigili del fuoco. Stiamo parlando di Alessandro Bocchia, Vigile del Fuoco del distaccamento permanente di Asiago, specializzato nel contrasto rischio acquatico con abilitazione da soccorritore fluviale alluvionale e SA (Soccorritore Acquatico di superficie).

Lo abbiamo intervistato per voi, non appena è rientrato dalla missione, perché ci raccontasse dal punto di vista dei soccorritori la tragedia che stanno vivendo gli abitanti delle province romagnole colpite dall’alluvione.

Il bilancio attuale è di almeno 14 morti e oltre 15 mila sfollati. Come sono state le prime ore in una delle zone più danneggiate dalle esondazioni?

Siamo arrivati a Faenza nella serata di martedì e ci siamo subito messi al lavoro, coprendo un turno di oltre 24 ore, dalle 21 fino all’1 della notte tra mercoledì e giovedì. La situazione era altamente pericolosa: immagina di essere in una zona che non conosci, completamente al buio se non per la luce della pila frontale, senza riferimenti, con l’acqua che ti arriva al ginocchio. Il pericolo più grande era dato dall’acqua: oltre a contenere gasolio, ad esempio, dopo aver rotto gli argini la corrente ha una direzione. Se sbagli, ti porta chissà dove.

Alluvione Emilia Romagna

Qual era la situazione in città e come avete organizzato i soccorsi?

Ci aggiravamo per le vie a bordo del gommone. Il piano terra e metà del primo piano delle case era completamente sott’acqua. Seguendo le istruzioni dell’Unità di Crisi Locale che coordinava le operazioni di soccorso abbiamo dato la precedenza agli abitanti dei piani bassi, visto che gli altri potevano restare all’asciutto più in alto. Spesso capitava che, vedendo le nostre luci, la gente ci chiamasse per chiedere aiuto: chi vive questo tipo di situazioni per la prima volta va nel panico, è comprensibile. Una volta arrivati sul luogo dell’intervento valutavamo il tipo di operazione: se le persone erano troppo in alto, bisognava farle calare con le corde, o in altri casi è intervenuto l’elicottero Drago per i soccorsi.

Ore difficili anche per voi soccorritori, che non vi siete occupati solo delle persone…

Abbiamo portato in salvo persone, tra cui anche qualche anziano da ospedalizzare, e animali. Cercavamo di farli salire a bordo senza che si bagnassero ulteriormente e c’era chi arrivava con il proprio cane, chi con il trasportino del gatto. A me è successo di trarre in salvo una tartaruga. In un appartamento c’erano cinque rottweiler e sei carlini.

Come durante ogni emergenza, arriva l’ora della conta dei dispersi. Ma come funziona?

Ogni volta che prendevamo a bordo del gommone delle persone, facevamo indossare giubbotto salvagente e caschetto, poi le portavamo in una zona più asciutta dove venivano ricevute dai parenti oppure prese in carico dal centro di accoglienza e registrate. Tutta la città era senza luce, senza gas, le linee telefoniche iniziavano a vacillare e i telefoni man mano si scaricavano, per cui a volte ricevevamo una chiamata e una volta giunti all’appartamento non trovavamo nessuno: quelli per noi erano dispersi, a meno che i vicini non ci informassero che le persone erano già state portate via da altre squadre o si erano spostate in altre case.

Alluvione Emilia Romagna

Quanti interventi ha portato a termine la vostra squadra?

Circa una cinquantina.

Il giorno dopo, mercoledì, la situazione si è fatta più gestibile. Come avete proseguito le operazioni?

Per mercoledì aspettavamo la piena, che però fortunatamente non è arrivata. L’acqua, che martedì era alta 5 metri, ha iniziato a defluire, lasciando dietro di sé il fango. A quel punto l’emergenza è entrata nella fase 2 ed è diventata di tipo diverso: molte case sono senza acqua potabile, parecchie famiglie che stanno piani più alti hanno scelto di restare a casa per garantire un ambiente sereno ai propri bambini. In questa fase gli interventi iniziano a scemare e quindi nel nostro turno dalle 6 del mattino alle 22 abbiamo fatto ancora qualche soccorso e consegnato viveri, latte in polvere, generi di prima necessità. Nei prossimi giorni si dovrà intervenire con le idrovore per vuotare gli edifici e lavorare per portare via il fango. Non è detto che non torniamo sul posto ad aiutare.

In questi giorni si è detto spesso che gli emiliano-romagnoli sono fatti così: abituati a lamentarsi poco e a rimboccarsi le maniche. Ma in situazioni come questa c’è poco da darsi da fare quando non hai gli strumenti. Come hanno accolto voi soccorritori?

Ci hanno dato il cuore. C’è stato chi ci ha regalato le ciliegie, chi ci offriva il caffè… Spesso chi non ha più niente è quello che ti dà di più. Questa è la cosa che accomuna un po’ tutti nelle disgrazie: siamo abituati ad avere qualsiasi cosa, ma quando non hai più niente e ti accorgi che sei vivo per miracolo rivaluti tutto.

Sembra banale, ma puoi raccontarci qual era l’umore generale delle vittime dell’alluvione con cui sei entrato in contatto?

All’inizio è una situazione nuova per tutti, ma quello che mi è rimasto impresso è la dignità delle persone. Penso di averne vista piangere solo una. Sai, se ti entra acqua in cantina è un conto, ma quando ti porta via tutto non è semplice da gestire.

Una riflessione: anni fa non erano così comuni queste tragedie dovute al meteo. È evidente che qualcosa la stiamo sbagliando…

Mentre eravamo in Romagna siamo passati vicino a un fiume: l’acqua sfiorava gli argini dove sorgevano alberi alti cinque o sei metri. Due giorni dopo siamo ripassati di là: il fiume era esondato e l’acqua copriva completamente gli alberi. È palese che il clima è cambiato, simili quantità d’acqua somigliano quasi alle piogge monsoniche e anche le grandinate si sono fatte più violente. Viene da chiedersi però se una volta fossero stupidi ad investire tempo e denaro per scavare i letti dei corsi d’acqua e creare le golene o magari fosse un’adeguata prevenzione. Se prendessimo sul serio il clima, probabilmente riusciremmo a salvarci, perché dobbiamo renderci conto la forza dell’acqua non scherza.

Alluvione Emilia Romagna

Sono ancora molti i soccorritori dei vari corpi al lavoro in queste ore nelle province di Rimini, Ravenna, Bologna e Forlì. Uomini coraggiosi e altruisti che per aiutare le vittime di queste disgrazie ignorano il freddo, la fame, il sonno e i dolori causati dai dispositivi di protezione individuale che devono indossare per ore e ore. Uomini come Alessandro dei quali la nostra società deve andare fiera.

La Gallery dei Vigili del Fuoco

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