La Corte d’Assise d’Appello di Venezia ha confermato la condanna a 21 anni di reclusione per Henrique Cappellari, riconosciuto colpevole dell’omicidio volontario della compagna Giulia Rigon, avvenuto nella notte del 19 dicembre 2021. Il verdetto ribadisce la sentenza emessa in primo grado dalla Corte d’Assise di Vicenza lo scorso marzo, sancendo ancora una volta la responsabilità del 31enne in uno dei casi di cronaca più drammatici degli ultimi anni.
I fatti
Il dramma si è consumato in un camper parcheggiato a Bassano del Grappa, che i due utilizzavano come abitazione. Fu lo stesso Cappellari a chiamare i soccorsi, dichiarando inizialmente che la giovane di Asiago, fosse caduta durante una discussione. Tuttavia, le indagini rivelarono da subito gravi incongruenze nella sua versione dei fatti.
Sul corpo di Giulia furono rinvenute lesioni incompatibili con una semplice caduta: una profonda ferita alla fronte e altri segni di violenza indicavano l’uso di un corpo contundente. Ma fu soprattutto l’esame autoptico a chiarire la dinamica: un colpo estremamente violento aveva spezzato lo sterno della ragazza, provocandole una fibrillazione cardiaca e il successivo arresto respiratorio.
La sentenza: colpevole di omicidio volontario
Dopo un lungo percorso giudiziario, che ha visto il passaggio dalle aule del Tribunale di Vicenza alla Corte d’Assise d’Appello di Venezia, i giudici hanno ribadito la colpevolezza di Cappellari, confermando la condanna a 21 anni di reclusione già emessa in primo grado.
Durante il processo d’appello, la difesa ha cercato di sostenere che lo sfondamento dello sterno fosse stato causato dai tentativi di rianimazione e non dalle percosse. Tuttavia, questa tesi è stata smentita dalle evidenze medico-legali e dalla ricostruzione dettagliata dei fatti. La Corte ha stabilito che quella notte Cappellari ha aggredito brutalmente Giulia, infliggendole ferite fatali. Non sono state credute nemmeno le altre versioni alternative fornite dall’uomo nel corso dei tre anni di indagini.
Una tragedia che lascia un segno profondo
La tragedia di Giulia Rigon rappresenta una ferita aperta per la comunità altopianese, che oggi si stringe nel ricordo della giovane e nel dolore per una vita spezzata. La sentenza, pur rappresentando una forma di giustizia, non può restituire ciò che è stato irrimediabilmente perso.
Questo caso porta con sé un monito importante contro la violenza sulle donne, ricordando quanto sia essenziale lavorare per la prevenzione e il sostegno alle vittime.
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