Si fa sempre più scoppiettante lo scenario delle prossime elezioni regionali del Veneto, attese per novembre. La notizia che circola con insistenza sull’altopiano riguarda questa volta Emanuele Munari, ex sindaco di Gallio ed ex presidente della Comunità Montana, che sarebbe in procinto di candidarsi con la Lega (o in alternativa con la Lista Stefani), in quota Vannacci. Una scelta di campo che sorprende, considerando che fino a poco tempo fa lo stesso Munari veniva accreditato come vicino a Fratelli d’Italia.
Al di là del cambio di casacca, il dato politico più rilevante è un altro: la candidatura di Munari appare priva di reali possibilità di successo, innanzitutto per l’impossibilità di attrarre un voto trasversale a causa del suo profilo divisivo e per la sua collocazione politica tutt’altro che moderata.
Perché dunque scendere in campo? La risposta andrebbe oltre la semplice ambizione personale. La mossa si inserirebbe in una partita tutta interna al centrodestra, con un obiettivo preciso: ostacolare la corsa di Roberto Rigoni Stern, che potrebbe rappresentare la prima vera occasione per il territorio di esprimere un consigliere regionale.
Storicamente, infatti, il nostro territorio è sempre stato visto come un bacino di voti a disposizione di candidati esterni all’altopiano, che qui hanno sempre raccolto consensi più o meno consistenti. L’idea che, per una volta, la comunità possa compattarsi dietro a un nome espressione del territorio spaventa chi teme di perdere rendite di posizione. Un Altopiano diviso fa comodo a molti, un Altopiano unito invece fa paura, soprattutto a chi ci considera una sorta di colonia.
Ma se Munari non ha possibilità concrete di vittoria, cosa lo spinge davvero? Da un lato, c’è la vanità di rimettersi in gioco e di misurare il proprio peso politico dopo la dolorosa sconfitta alle ultime comunali. Dall’altro, l’orizzonte potrebbe offrire compensazioni indirette: nel grande valzer di nomine e incarichi che seguirà l’insediamento del nuovo governo regionale, non è escluso che il solo fatto di essere della partita gli permetta di rivendicare un ruolo, magari in qualche ente o una partecipata.
C’è poi il capitolo personale: è noto che tra Munari e Rigoni Stern non corra buon sangue. Non è un mistero che proprio l’ex sindaco di Gallio, ad esempio, sia stato tra i critici più severi del progetto unitario dell’OGD, strumento realizzato per costruire una rappresentanza comune dell’altopiano nel turismo. In questo senso, la sua candidatura avrebbe anche il sapore di una sfida diretta e personale con quello che ritiene un avversario.
La notizia, tuttavia, nel momento in cui scriviamo deve ancora essere confermata ufficialmente. Ed è sempre bene ricordarlo: in politica nulla può essere dato per scontato e fino alla chiusura delle liste non si possono escludere colpi di scena. Resta il fatto che, se la candidatura di Munari con la Lega dovesse davvero concretizzarsi, sarebbe difficile leggerla come una reale corsa verso Palazzo Ferro-Fini. Piuttosto, apparirebbe come un tentativo di ostacolare il progetto di Rigoni Stern, con l’obiettivo di frammentarne il consenso.
In questo scenario, la presenza in lista di Munari assumerebbe quindi i contorni di una mossa politica calata dall’alto, pensata più per condizionare i rapporti di forza interni che per inseguire un’improbabile vittoria al servizio del territorio.
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