Vite indegne di essere vissute: le vittime invisibili del nazismo

Heilanstalt Schönbrunn bei Dachau. - SS-Foto, 16.02.1934
Heilanstalt Schönbrunn bei Dachau. - SS-Foto, 16.02.1934

Tenere accesa la memoria: un concetto che ci ossessiona per tutta la vita. Non dimenticare i momenti più belli della nostra vita, i volti delle persone che amiamo, la voce di chi non c’è più… Ricordi che talvolta, purtroppo, possono essere spazzati via da una malattia chiamata Alzheimer. Una malattia crudele, ignobile, senza giustificazioni, che si prende la mente di chi colpisce e la riduce a brandelli… Ma che dico, in granelli di sabbia che scivolano tra le dita e si perdono nel vento.

Immaginate se domani qualcuno, magari dalla cella in cui è rinchiuso, decidesse che i malati di Alzheimer non sono degni di vivere, lo mettesse nero su bianco e tra qualche mese tutte le persone affette da quella malattia venissero condotte forzosamente alla morte. Come reagiremmo noi, oggi, popolo mondiale del 2021? Avremmo la forza di reagire o resteremmo a guardare la strage che si compie quotidianamente davanti ai nostri occhi?

Questa è la chiave. Non esiste Giornata della Memoria se non c’è cultura, se non abbiamo imparato qualcosa dagli errori del passato.
Non può esserci un futuro se non conosciamo il passato, se crediamo ancora che il popolo ebreo sia stato l’unico bersaglio della lucida follia nazista.

Il manifesto dell'Aktion T4
Il manifesto dell’Aktion T4

Esiste una complessa realtà che si nasconde dietro il gelido nome di Aktion T4 e che racconta oggi la storia di decine di migliaia di persone ammazzate perché colpevoli di essere matte, storpie, ammalate, disabili… Colpevoli di non essere produttive per il paese, di gravare sulle finanze di uno stato già provato dalla crisi economica del ’29.

Pietà per nessuno, sarebbe stato un sentimento troppo difficile da gestire in un’operazione che mirava a ripulire il sangue della nazione tedesca a qualsiasi costo. Strappando i figli alle madri, i malati alle famiglie, trasferendoli in centri di cura dove venivano utilizzati come cavie per esperimenti scientifici e poi eliminati come vecchi stracci ormai inutili.

Inutili.

In psicologia esiste una patologia chiamata disposofobia che provoca nei soggetti colpiti un disturbo da accumulo. Per queste persone, nulla è inutile; anzi, gettare qualcosa è impossibile perché secondo il loro ragionamento potrebbe tornare utile un domani. Non si sa mai. Ogni oggetto può avere una seconda vita. In fondo, è un po’ il tanto decantato principio del riciclo, anche se estremizzato.

Perfino queste persone, il cui disturbo oggi si studia nei testi di psicologia e si cerca di curare, sono più sane di mente di quel tale coi baffetti e di tutti i partecipanti attivi del suo brutale piano di pulizia che a partire dal 1° settembre 1939 fu messo in opera nella Germania nazista.

Prima della selezione della religione, prima delle categorizzazioni più note, è doveroso ricordare che ci furono i matti, i portatori di malattie ereditarie, i bambini malformati. Il primo fu un neonato, venuto al mondo con una gamba, un braccio e cieco. La speranza malriposta di un padre contadino della Sassonia diede inconsapevolmente il via a quella che fino ad allora era stata solo un’idea nella mente di alcuni individui.

Il passato ci deve insegnare qualcosa, perché tutte quelle persone non possono essere morte invano. Almeno, rendiamo loro giustizia ricordandole e promettendo a noi stessi, ai nostri figli e alle generazioni future di gettare le basi per un mondo migliore, dove con migliore intendo anche più colto.

“In queste storie c’è sempre un piccolo gruppo di persone molto convinto di quello che fa. Di solito, ce n’è un altro assolutamente contrario e numericamente uguale a quello deciso e convinto. Ma guardate che di solito questi gruppi sono molto piccoli, quello che c’è in mezzo è enorme. È tutta brava gente che non sa cosa fare, ma quando uno della brava gente decide di fare, di solito riesce a fare qualcosa di incredibile.” Così Marco Paolini, nel suo spettacolo teatrale del 2011 intitolato Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute, introduce il fondamentale contributo del vescovo Clemens August von Galen, che per primo ebbe il coraggio di affermare che quello che si stava verificando nei manicomi fosse uno sterminio.

Questo mi auguro per ognuno di noi: che, se mai capiterà, avremo il coraggio di alzare la testa ed essere i vescovi von Galen del nuovo millennio.

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