La sfiducia costruttiva è il segreto della stabilità del cancelliere tedesco

Con le elezioni del 26 settembre scorso in Germania, comunque sarebbe andata, si è concluso il lungo ciclo di Angela Merkel alla guida della “Locomotiva d’Europa”: dal 22 novembre 2005, quasi 16 anni Cancelliera.
Per la Germania non è fatto poi così inusuale: questo è l’elemento su cui posare il nostro focus. Dal 1949 ad oggi in Germania si sono succedute 8 (sì, solo otto) persone alla carica di Cancelliere, che è il corrispettivo del nostro Presidente del Consiglio dei Ministri. Solo che in Italia, dal 1949 (cambia nulla se dal 1946) ad oggi se ne sono alternati 30, per 67 governi (24 i governi in Germania).

Citando solo i tre più longevi Cancellieri, questi sono stati: Helmut Kohl che ha guidato la Germania per 5870 giorni (poco più di 16 anni dal 1982 al 1998); Angela Merkel per 5796 giorni (al 5 ottobre 2021, poco meno di 16 anni dal 2005 al 2021, ma potrebbe superare Kohl se le trattative per formare il nuovo Governo si prolungassero); Konrad Adenauer per 5144 giorni (poco più di 14 anni, dal 1949 al 1963).
Anche questo confronto vede l’Italia perdente, infatti similmente i tre più longevi Presidenti del Consiglio Italiani che hanno guidato il Paese -in fasi alterne e non certo consecutive come invece in Germania- sono: Silvio Berlusconi per 3339 giorni, Giulio Andreotti per 2678, Alcide De Gasperi per 2591.

Non arriviamo a facili conclusioni: entrambe le situazioni sono “giuste” nel senso che entrambe seguono ed hanno sempre seguito il dettato della propria Costituzione. Nessun Governo è illegittimo, nessun Primo Ministro “non è stato eletto”, perché in entrambi i casi è previsto che sia il Parlamento a votarli, quindi tutto è sempre andato secondo le regole, sia in Italia come in Germania.

Resta però macroscopicamente evidente un dato, ben evidenziato da un aneddoto raccontato da Romano Prodi. Quando da Primo Ministro Italiano incontrò l’allora Cancelliere tedesco Helmut Kohl ad un vertice per decidere l’avvento dell’Euro, Kohl con ironia, al termine di un amabile colloquio, si rivolse così a Prodi: “E’ stato proprio bello, Romano…chi viene la prossima volta?!”. Era per Kohl, al di là dell’ironia, prevedibile che al prossimo vertice internazionale come Presidente del Consiglio italiano sarebbe venuta una altra persona.

Questo elemento, ciò la debolezza o meglio la brevità della vita dei Governi Italiani, è ormai argomento trito e ritrito, sulla bocca di tanti e assai spesso. Non lo sono però altrettanto le motivazioni della durata dei Governi (o meglio dei Cancellieri) tedeschi e le soluzioni ivi adottate.

Come detto, infatti, non è che in Germania il Cancellerato sia a vita e senza intoppi: Angela Merkel stessa ha guidato 4 Governi, non senza alcune difficoltà politiche interne e partitiche nel corso di questi 16 anni. Eppure sì, dobbiamo evidenziarlo: in Germania, praticamente sempre e nonostante ogni avversità, il Governo dura per tutto il tempo di una Legislatura, cioè da una elezione all’altra. In Italia non è così. Potremmo dire che non è quasi mai stato così. Solo De Gasperi (1948-1953), Andreotti (1976-1979), Berlusconi (2001-2006) e Prodi (2006-2008) hanno guidato uno o più Governi per un’intera Legislatura. Forse sono i nomi tra i più noti oggi dei Presidenti del Consiglio che abbiamo avuto, eppure appunto sono solo 4 di 30.

Ma cosa è mai che consente in Germania la stabilità che in Italia non abbiamo?
Eh, vabbè, diciamo che è una questione di tempra e di spirito: ché in Germania i tedeschi “sono tutti precisi”. E diciamoci pure che “eh, signora mia, i partiti lì funzionano ancora, sono una cosa seria”. E per concluderla nella sagra dei luoghi comuni, tanto infondati quanto più ampia è la categoria cui si riferiscono, “qui in italia siamo per l’arte dell’arrangiarsi, là sono più organizzati e focalizzati sugli obiettivi”. Concluso il momento da Bar Sport possiamo vedere alcuni accorgimenti costituzionali che forse davvero fanno la differenza, al di là dei pregiudizi, dei vizi e delle virtù reciprocamente quanto infondatamente attribuiteci tra italiani e tedeschi.

Il sistema elettorale è proporzionale (a ciascuna lista sono attribuiti tanti seggi quanti voti presi, in proporzione ai seggi in gioco), con una indicazione dei primi eletti tramite scelta maggioritaria (chi prende più voti vince). E ci sono due correttivi. Il primo è la soglia di sbarramento posta al 5% su scala nazionale (l’eccezione alla regola c’è ma non si verifica mai), che di fatto porta ad avere storicamente 4-5 partiti in Parlamento, oggi qualcuno di più, ma in un campo di gioco in cui è possibile ricordare non solo le sigle ma anche i nomi di ogni soggetto politico (da quanto ciò non accade in Italia?!). Il secondo è il “mandato soprannumerario”, vale a dire che in Germania non vi è un numero predeterminato di Deputati, ma questo può variare a seconda dell’esito elettorale in ogni territorio, con una formula elastica che permette una più corretta rispondenza tra voti espressi e seggi in Parlamento.

Non possiamo però non ricordare che questo è il metodo elettorale del solo Bundestag, il corrispettivo della nostra Camera dei Deputati. Mentre il Bundesrat, la Camera delle Regioni, ha un metodo elettorale del tutto diverso, su altri principi, quando invece da noi il Senato ha un sistema elettorale assimilabile a quello della Camera. Altro elemento non da poco: in Germania solo una Camera, il Bundestag, esprime la fiducia per il Governo, mentre da noi la fiducia deve essere raccolta e presente sia alla Camera sia al Senato.

Ma l’elemento, il grimaldello costituzionale che davvero fa la differenza è la “sfiducia costruttiva”. Che detta così non esprime appieno il proprio valore in positivo ma solo quello in negativo.
In Italia è semplice, semplicissimo verrebbe da dire, “mandare a casa” un Governo, perché basta che questi non abbia più i voti in Parlamento, ovvero che non abbia la maggioranza dei voti o alla Camera (316, dalla prossima Legislatura 201) o al Senato (158, dalla prossima Legislatura 101). E ciò, evidentemente e a memoria sicuramente di ciascuno di noi, è capitato assai spesso (già 2 volte in questa Legislatura).

In Germania invece non basta il verificarsi di questa situazione. Per far dimettere un Governo è necessario che nello stesso momento se ne incarichi un altro che abbia già la fiducia della maggioranza del Bundestag. Ecco “l’inghippo”, ecco il grimaldello posto a difesa della stabilità dei Governi. Perché se è vero che il desiderio di sfiduciare un Cancelliere è ben possibile e lecito, non è mica semplice riuscire a costruire una nuova maggioranza mentre è ancora in carica quel Cancelliere.

Ed infatti in Germania dal 1949 ad oggi sono state presentate solo 2 (due, sì) mozioni di sfiducia, e solo una è passata: nel 1982, sfiduciando Helmut Schmidt (SPD) ed eleggendo Helmut Kohl (CD/CSU), che proprio così cominciò il suo lungo periodo alla guida della Repubblica Federale Tedesca.

Come andrebbe, anzi: come sarebbe andata a finire in Italia tutte le volte che si è fatto crollare un Governo? Sappiamo bene che sono davvero rari, sulle dita di una mano, i casi in cui deponendo un Governo si è dato, praticamente l’istante successivo, l’incarico di formare un nuovo Governo ad una persona, fosse stata anche la stessa.

Ed allora davvero viene da chiederci se tutti problemi ogni volta che ci avviciniamo alle elezioni (e non è quindi mai troppo presto per parlarne) derivino o dalla legge elettorale, o dal vizio italico dell’arrangiarsi, o dall’essere voltagabbana, o dalla classe politica e dai partiti in generale, o…forse (e sul serio) dall’elusione dal dibattito pubblico di quel piccolo, semplice eppure rivoluzionario elemento del sistema che in Germania è la “sfiducia costruttiva”. Accompagnata anche da altri elementi di contorno, certo, ma questa da sola, eccome se farebbe la differenza, sostanziale.

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