Per l’Unione Europea è tempo di cambiare!

Tra mercoledì 13 e giovedì 14 sono emerse due visioni sul futuro dell’Unione: allargamento o approfondimento? Prima si arriva a 30, 35 Stati membri o prima si cambiano i Trattati?

Forse non tutti sanno che… c’è un nuovo progetto di Trattati Europei in arrivo.

Questa Europa non va bene, così non ci piace“: quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase da…diciamolo pure: qualsiasi esponente di ogni forza politica del nostro Paese? Sì, ogni giorno almeno una volta in più di quello prima. E forse…forse è giunta la volta buona.

Giovedì 14 settembre scorso,  a 15 mesi dalla risoluzione del Parlamento Europeo che, in attuazione delle raccomandazioni della Conferenza sul Futuro dell’Europa, chiedeva una riforma appunto dei Trattati Europei (Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), la Commissione Affari Costituzionali (presieduta dall’italiano Salvatore De Meo di Forza Italia) ha approvato la relazione in vista del voto in plenaria già calendarizzato il 9 novembre prossimo.

La relazione è il risultato del lavoro di 5 eurodeputati, uno per ciascuno dei gruppi politici europei di maggioranza: Guy Verhofstadt dei liberali di Renew Europe, Sven Simon per il Partito Popolare Europeo, Gabriele Bischoff per il gruppo dei Socialisti e Democratici, Daniel Freund dei Verdi ed Helmut Scholz della Sinistra, peraltro tutti e 5 membri del Gruppo Spinelli, ovvero una sorta di intergruppo che riunisce una ottantina di eurodeputati, di ogni nazione e di ogni colore politico, uniti dall’intento di modificare in senso federale l’Unione.

Si può dire che gli intenti dei 5 eurodeputati rispecchino ed attuino la mission del Gruppo Spinelli.

Nella relazione si legge l’ambizioso progetto di revisione dei Trattati Europei e delle conferenze intergovernative, consistente in una modifica di più di 100 articoli: ove attuata, la revisione cambierebbe gli equilibri attualmente vigenti tra i diversi organi dell’Unione Europea, conferendo più poteri al Parlamento Europeo e alla Commissione Europea (oggi guidata da Ursula von der Leyen), plasmando una costruzione istituzionale più simile a quella di uno stato come siamo soliti intenderlo. Più poteri ovvero più competenze all’Unione vorrebbe anche dire un ruolo maggiore per le Regioni, che sono l’entità base di riferimento per l’Unione.

Più competenze ovvero più ambiti di azione e quindi di competenza legislativa che si tradurrebbe anche in maggiore spazio di azione e giurisdizione per la Corte di Giustizia Europea.

E chi ci perderebbe? Il Consiglio Europeo, l’organo istituzionale di cui meno sentiamo parlare ma che da sempre maggiormente blocca scelte e passi avanti dell’Unione Europea.l, che diverrebbe una sorta di senato federale.

In concreto, il primo vero e significativo passo in avanti epocale sarebbe il superamento del vincolo di unanimità nelle votazioni, ossia il presupposto a che le decisioni si possano prendere liberamente a maggioranza, nel pieno rispetto della democraticità e dell’efficacia della azione dell’Unione Europea.

“Riuscite ad immaginare un’Europa a 35 membri senza ridisegnare la Commissione e con la regola dell’unanimità intatta?… Totalmente impraticabile!” Così ha scritto Guy Verhofstadt sul proprio profilo Twitter postando il video del proprio, a tratti duro e sfidante, intervento di presentazione della relazione e qui consultabile https://x.com/guyverhofstadt/status/1701934189510062567?t=I_rxL6gk38Da-Z8-q-o2iQ&s=08

Questo è un grande momento per l’ Unione Europea” ha commentato Domenec D. Ruiz Devesa (capogruppo S&D in Commissione Affari Costituzionali e Presidente dell’ Unione dei Federalisti Europei), “un Europa capace di affrontare le sfide di domani, più democratica e legittimata, più efficiente: è ciò di cui abbiamo bisogno adesso.”

Il 14 settembre quindi il primo passo ufficiale, formale della relazione, che dopo aver già girato tutte le commissioni del Parlamento Europeo, ricevendo suggerimenti e proposte da parte di ciascuna, tornerà in aula per la discussione plenaria il prossimo 9 novembre.

L’esito è tutt’altro che scontato, in un senso come in un altro, perché si parla della agibilità di movimento dell’Unione e dei suoi organi, del futuro della costruzione  europea, in un senso sempre più federale o meno.

La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione Europea, svolto proprio il giorno precedente, mercoledì 13 settembre, ha evidenziato che non c’è tempo per rivedere i Trattati se ciò comporta un rallentamento del processo di allargamento, e che questo ha priorità sul resto.

I federalisti europei tra cui i 5 estensori della relazione sono invece convinti che non ci possa essere allargamento senza revisione, o meglio, che oltre ad allargare l’Europa Unita sia oltremodo necessario ed ormai irrimandabile il processo di approfondimento del livello federale europeo.

Le due visioni non sono certo in contrasto, radicandosi nella convinzione della necessità dell’Unione Europea così come del suo progredire. Resta perciò da vedere se come e quando avverranno i prossimi passi. Quello compiuto tra 13 e 14 settembre scorso è un passo oggi significativo, e forse a distanza di tempo sapremo dire quanto storico per la costruzione europea.

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