Educare le donne a “difendersi”? perchè invece non “educare alla libertà”?

La cultura maschilista in cui siamo immersi imprigiona tutte e tutti: donne prima di tutto, ma anche tanto noi uomini

«Fate più sesso, per favore. Stiamo vivendo un ‘epidemia di solitudine». Tranquilli: non è l’appello di un sessuomane né l’ultimo messaggio di un criminale psicopatico, eh, no. È invece l’appello -sui generis, certamente, ma così fa breccia- di Magdalene J. Taylor, scrittrice statunitense esperta di sessualità e cultura. Ha scelto le colonne del New York Times, nella sezione Opinion, per lanciarlo, lo scorso 14 febbraio: sì, il giorno di San Valentino.

La General Social Survey, rinomata azienda statunintense di sondaggi, nel 2020 ha raccolto un dato sorprendente: circa un quarto degli statunitensi ha dichiarato di non aver fatto mai sesso nella propria intera vita. Chi mentirebbe anonimamente su questo aspetto? Chi direbbe di non averlo mai fatto se non chi davvero mai lo ha fatto?

Nel 2023 in Italia sono stati commessi dal 1 gennaio a inizio giugno 131 omicidi, di cui vittime sono state 47 donne e in 39 di questi casi in ambito familiare o relazionale e per questo indicate come “femminicidi” cioè omicidi dettati da forme distorte di affetto e relazioni.
I dati sono equiparabili a quelli del 2022, senza che vi sia una significativa variazione. Se ne parla eccome, sui giornali, nei telegiornali, sui social, nei talk tv, anche nei bar. Ma ancora non sembra bastare: non è sufficiente per cambiare le sensibilità e le attitudini. E come potrebbe esserlo?!

Italia, Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania sono i 6 stati dell’Unione Europea a non prevedere alcun programma curriculare obbligatorio in ambito di educazione alla sessualità e/o alla affettività.  La Svezia la ha introdotta nel 1955, gli altri Stati europei negli anni settanta. Da 50 anni quindi almeno.
Eppure gli affetti sono una dimensione che esaltiamo nella vita quotidiana, nella narrazione di “buona vita”, in ogni dimensione e spazio sociale, dalla famiglia, al lavoro, allo sport, alla dimensione comunitaria in ogni suo aspetto. “Chi non si ama, non è capace ad amare”: quante volte lo sentiamo dire o lo diciamo?! È ben giusto! Ma chi ce lo insegna? No, la mamma non conta, non basta. Perché chi glielo ha insegnato?
Non esiste un modo solo di amare e forse non esiste un modo “giusto” di amare.
Ma saremo tutte e tutti d’accordo che non esiste minimamente, non è accettabile “uccidere perché si ama troppo”. E allora almeno questa forma di amore è per forza di cose sbagliata. Ma ancora non esiste, non è accettabile, non si riesce ad affermare la necessità di percorsi di educazione all’affettività ed alla sessualità.

Eppure i dati suesposti parlano chiaro.

La sessualità e l’affettività sono certamente parte di una dimensione per così dire privata della nostra vita, eppure sono sempre sulla bocca di tutte e tutti: un mix di curiosità e sincero interesse gli uni e le une per gli altri e le altre. Forse confondiamo riservatezza e cura con assoluto silenzio?

E da quando il silenzio “cura” le questioni? Da quanto “da soli” si impara di più che con chi, edotto, possa guidarci e indicarci buoni suggerimenti e buone pratiche? Ah, senza farsi male o peggio fare male a qualcuno, magari.

Come mai tutta questa cultura del silenzio e del sospetto, del timore e della recizione di fronte ad uno -se non il primo- degli aspetti più interessanti e portatori di gioia nella nostra vita quale è la dimensione affetivo-sessuale? Cosa ci spaventa?

Educazione affettiva, educazione sentimentale, storia dei movimenti femministi: non sono la priorità nella formazione individuale e sociale?!

Anzi… chiamiamola… “educazione alla libertà”!

Nel 2023 ci sono stati già 39 femminicidi, quasi 8 in ciascuno di questi primi 5 mesi. 39 su 47 omicidi in totale. Nessuna donna va educata a “difendersi”: siamo noi maschi che abbiamo bisogno di una educazione, di essere immersi in una cultura ed una società rinnovate nel pensiero e nelle pose, negli schemi di pensiero, che crediamo siano “naturali” (e perciò “giusti”) mentre sono appunto culturali.

Non sentiamo il bisogno noi di essere sì “liberati” da questo schemi che ci imprigionano in archetipi costringenti e rigidi?
Ma perché “ogni uomo deve…”, e altre formule di questo tipo?
A che serve poi “liberarsi di una donna” se non si è nemmeno “liberi da…se stessi”?!
È la formula del “liberi da …” la vera forma di libertà.

Sia allora “educazione alla libertà” il nome della nuova necessaria materia scolastica.

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