Stop alle tragedie: inizia da qui la nostra battaglia per la messa in sicurezza del Ponte di Roana

Ponte di Roana

Quello di oggi è un editoriale particolare, che tocca profondamente la sensibilità di chi scrive e di chiunque abbia vissuto un’esperienza simile, la quale evidenzia in maniera cruda un problema sociale molto, troppo diffuso: quello di chi patisce una sofferenza tale da condurre a gesti estremi.

Due giorni fa, in un normalissimo lunedì mattina in cui gli impegni della settimana si affollano, il tremendo disagio interiore di un uomo vicentino di mezza età ha interrotto bruscamente il regolare flusso dei pensieri di chi ha assistito alla sua decisione di porre fine a una vita che, per motivi che non conosciamo, non tollerava più. Un’esperienza tragica ed estremamente dolorosa, la mia, che ho casualmente condiviso con il Sindaco di Rotzo, Lucio Spagnolo e qualche altra persona di passaggio in quel momento sul ponte di Roana.

Può sembrare del tutto inutile ora ragionare su ciò che si sarebbe potuto fare per evitare questa ennesima tragedia, portandoci addosso per il resto della vita un fardello che racconta di sensi di colpa magari assurdi ma inevitabili. In realtà è proprio adesso, con questa vivida sensazione che ci pervade di impotenza di fronte a tanta sofferenza, che dobbiamo e vogliamo agire, portando l’attenzione sulla necessità di fare prevenzione, mettendo fine alla lunga serie di suicidi e ai tantissimi tentativi sventati – un numero spropositato che naturalmente la comunità non conosce.

“Ho visto con i miei occhi quel ragazzo lanciarsi nel vuoto, una scena che mai riuscirò a levarmi dalla testa. Una tragedia che suscita in me una rabbia profonda. Sentirlo raccontare è diverso rispetto a viverlo in prima persona e proprio per questo motivo intendo adoperarmi da qui in avanti affinché venga individuata una soluzione definitiva che impedisca a chi soffre di trovare nel ponte di Roana, infrastruttura essenziale di collegamento tra le due sponde della Val d’Assa, il modo per risolvere i problemi che la vita gli mette di fronte”, sono le parole che il sindaco Spagnolo ha condiviso con me durante l’attesa della forze dell’ordine, quella mattina stessa.

La realizzazione di un nuovo ponte non risolverà il problema, in quanto quello storico dovrebbe restare comunque percorribile a piedi o in bicicletta. Serve l’immediata installazione di reti a poca distanza dal suolo: una soluzione salvavita già adottata in altre località italiane, a San Francisco, Berna o in Francia, che in alcun modo impatterebbe sull’aspetto paesaggistico o sulla staticità del viadotto. Non adottare precauzioni, oltretutto in presenza di un parapetto così basso – poco più di un metro la sua altezza – equivale a invitare le persone in difficoltà a utilizzare il ponte come scivolo verso quella che – lo dico ancora una volta – non è l’unica soluzione possibile. Giustificare l’assenza di protezioni sostenendo che chi vuole farla finita può farlo anche altrove è come dire che la ricerca sulla cura dei tumori non serve perché ci sono altre mille malattie con le quali si potrebbe morire.

Per questo motivo 7 Comuni Online, in un’ottica di campagna per il sociale e nella maniera più assoluta – lo sottolineo a scanso di equivoci – non per ottenere visibilità dalla questione, intende supportare con qualsiasi mezzo le azioni che il sindaco Spagnolo, unitamente agli altri Sindaci dell’altopiano, vorrà intraprendere in questo senso. In queste ore ho interpellato personalmente anche il Presidente della Provincia di Vicenza, Andrea Nardin, che con la grande sensibilità che lo contraddistingue e per la quale è stimato, in primis dalla sottoscritta, ha promesso di interessarsi per individuare al più presto la soluzione adatta.

Serve altresì una rete di assistenza sociale capillare, efficace, che deve partire non solo dalle istituzioni, ma dalla stessa comunità, dagli amici, dai familiari. Viviamo in una società nella quale è diventato più sicuro voltarsi dall’altra parte se qualcuno è in difficoltà, perché non si vuole rischiare un coinvolgimento. Il mio appello alla comunità dell’altopiano, ma in generale a chiunque, è questo: chiedete aiuto se state vivendo un momento difficile, osservate le persone che avete intorno e non sottovalutate possibili manifestazioni di disagio che magari possono essere risolte con una chiacchierata di sfogo, fermatevi per strada se notate qualcuno che piange, non lasciate spazio a supposizioni se vedete una persona che cammina su un ponte la cui fama lo precede. A volte salvare una vita è questione di un attimo e quella persona potrebbe essere in attesa di un semplice: “Come stai? Ti serve aiuto?”

Al ragazzo di lunedì mattina, il cui sguardo ha incrociato il mio un minuto prima che la sua vita si interrompesse, auguro di aver trovato la serenità cui anelava, ma vorrei tanto fargli sapere che si poteva forse trovare una soluzione diversa.

Di certo, intendo fare il possibile affinché il ponte di Roana torni ad essere apprezzato per la sua bellezza storica e non come lugubre teatro di morte. Chiedo quindi a tutti i Sindaci, in carica o che verranno eletti tra meno di due settimane, dei sette comuni di avanzare uniti e compatti verso questo obiettivo.


Esistono molteplici possibilità di aiuto, ascolto e sostegno offerte da associazioni e persone che conoscono i problemi legati ai disagi personali che possono affliggere chiunque in determinate fasi della vita. L’invito per chi dovesse trovarsi in difficoltà temporanea o in condizioni psicologiche di instabilità emotiva è di contattare gli operatori del numero unico attivi 24 ore su 24, come il Telefono Amico (02 2327 2327), il Telefono Azzurro (1.96.96), il Progetto InOltre (800.334.343) e la Fondazione Di Leo (800.168.768).

 

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