Continuano le manovre in attesa dell’appuntamento elettorale di novembre: Monica Gios, ex assessore al sociale, politiche per la famiglia, ambiente ed ecologia del Comune di Asiago, sarà candidata alle elezioni regionali del Veneto nella lista del Movimento 5 Stelle.
La sua presenza è stata ufficializzata nella circoscrizione di Vicenza, all’interno della coalizione di centrosinistra che sostiene Giovanni Manildo. Accanto a lei altri sei candidati, in una lista che il Movimento non è riuscito a completare fino al massimo consentito dei nove nomi.
La candidatura di Monica Gios apre un nuovo fronte nello scenario politico altopianese in vista delle regionali. Un fronte che, inevitabilmente, si intreccia con la corsa di Roberto Rigoni Stern, oggi considerato il candidato di riferimento e l’unico con concrete possibilità di portare per la prima volta nella storia un rappresentante altopianese a Palazzo Ferro-Fini.
Il ragionamento è semplice e spietato, e per certi versi richiama quello già fatto in occasione dei rumors su una possibile candidatura di Emanuele Munari: in un’elezione come si è sempre visto fino ad oggi, dove la frammentazione del voto rischia di essere fatale. Ogni candidatura altopianese che non abbia prospettive concrete di successo rischia di trasformarsi in un boomerang per il territorio.
Certo, il diritto di candidarsi è sacrosanto e tutelato dalla Costituzione e non è in alcun modo in discussione il valore personale e professionale di Gios, che in questi anni ha saputo distinguersi su temi delicati come la sanità, la tutela ambientale e il sociale. Ma il punto politico non è questo: il punto è la matematica. I numeri sono spietati e sarebbe intellettualmente disonesto non tenerne conto in questo frangente.
Il Movimento 5 Stelle, oggi parte della coalizione di centrosinistra a sostegno di Giovanni Manildo, continua a faticare a radicarsi nei territori veneti. Nel Vicentino ha presentato soltanto sette candidati su nove, senza riuscire a completare la lista e nelle ultime tornate elettorali a livello di voti ha raccolto risultati modesti. In questo contesto appare difficile immaginare l’elezione di un consigliere nella nostra provincia e anche nell’ipotesi remota che ciò avvenisse, nonostante il buon consenso di cui gode ad Asiago, con ogni probabilità non sarebbe Monica Gios a ottenere quel seggio. Proprio per questo resta da chiedersi quale sia l’obiettivo reale della sua candidatura, in un momento storico in cui per la prima volta esiste una concreta possibilità di eleggere un consigliere altopianese con un profilo trasversale.
Le ipotesi possibili sono due. La prima: un gesto di “generosità”, una candidatura di bandiera, utile a garantire la presenza del Movimento pur nella consapevolezza di non avere reali possibilità di successo. La seconda: la volontà di condurre una campagna attiva, puntando a raccogliere voti soprattutto sull’altopiano, cioè proprio nel bacino naturale di Roberto Rigoni Stern con l’obiettivo di frenare la sua corsa.
È qui che il discorso si fa delicato. Perché se la candidatura di Mattea Stella nel PD non nasce in contrapposizione diretta a Rigoni Stern (che doveva ancora ufficializzare la sua corsa), quella di Gios, arrivata in questo momento, rischia di avere un effetto concreto: sottrarre voti preziosi al candidato altopianese più competitivo. E questo, paradossalmente, non solo non rafforzerebbe il centrosinistra (per il quale a livello concreto cambierebbe poco) ma indebolirebbe il territorio, aumentando la possibilità che a rappresentare la provincia in Regione siano ancora una volta figure spesso estranee alle dinamiche e ai bisogni della montagna.
Qualcuno potrebbe obiettare che tra Gios e Rigoni Stern non sono mancati momenti di distanza politica, come dimostrato anche dalla scelta dell’ex assessore di non ricandidarsi con l’attuale maggioranza alle ultime amministrative. Ma può davvero una frattura personale giustificare una candidatura che rischia di far svanire un’opportunità storica e irripetibile per l’intero altopiano?
La domanda che resta sospesa è sempre la stessa: ha più senso fare gli interessi del partito o del territorio? Perché mai, come quest’anno la possibilità di eleggere un nostro consigliere regionale è reale, ma passa necessariamente per la compattezza del voto degli altopianesi.
Monica Gios, va riconosciuto, non ha mai smesso di impegnarsi anche fuori dalle istituzioni: promotrice di iniziative pacifiste sull’Altopiano, vicina alle battaglie di Erika Baldin sul tema dell’ex istituto di Mezzaselva, sempre in prima linea sulla sanità. Ma la sua candidatura alle regionali riapre la ferita delle eterne divisioni interne.
Il rischio è che la candidata del M5S si condanni da sola a fare la parte di «Sansone, pronta a far crollare il tempio con tutti i filistei», con l’esito di un Altopiano ancora una volta senza voce e di un Consiglio regionale in cui, per Vicenza, non ci sarebbe comunque chi rappresenta le storiche battaglie del Movimento. Insomma, un nulla di fatto che non farebbe bene a nessuno.
L’occasione, per l’Altopiano, c’è e non è mai stata così concreta. Ma perché diventi realtà servirebbe uno sforzo di maturità collettiva: votare compatti e capire che a volte la vera generosità non è candidarsi, ma fare un passo di lato per non compromettere una partita che potrebbe giocarsi sul filo di poche centinaia di voti.
Forse non si è ancora compreso che, al di là della storica possibilità di eleggere Rigoni Stern, l’opportunità in gioco è ancora più grande: dimostrare a chi da sempre ci guarda come a una colonia che sappiamo essere comunità, capaci di remare nella stessa direzione come un unico territorio, oltre i personalismi e i campanilismi, nell’interesse di tutti. Un passaggio che potrebbe regalarci una nuova consapevolezza: insieme siamo più forti.
E allora la domanda finale va rivolta alla stessa Monica Gios: se la sua è una candidatura di testimonianza, nata soprattutto per dare una mano al partito a completare la lista, sarebbe utile dirlo con chiarezza. Se invece intende davvero correre, sarà importante spiegare quale obiettivo concreto abbia in mente, pur sapendo che le possibilità di elezione sono estremamente ridotte. Lo ribadiamo, non si tratta di mettere in discussione il suo diritto a candidarsi, che è sacro, ma di comprendere quale sia la reale prospettiva e soprattutto cosa questa scelta possa portare o togliere al nostro territorio.

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